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Pater, remitte illis, quia nesciunt quid faciunt | Padre, perdona loro...


Le sette parole sulla Croce sono il testamento ultimo che il Cristo lascia all'umanità, il sunto di tutto ciò che sono stati i suoi insegnamenti. Non è scopo di questo scritto trattarli tutti, magari proveremo a farlo in futuro, per adesso vorremmo soffermarci sulla prima delle sette parole che viene raccontata nel vangelo dell'apostolo Luca che recita più o meno cosi: "Pater, remitte illis, quia nesciunt quid faciunt" ovvero "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).


La prima parola, potremmo anche definirla la chiave di volta, ovvero quell'elemento che ci aiuta a comprendere l'intero insegnamento Cristico. Padre perdonali o perdona loro è la pietra dell'innalzamento spirituale, essere in grado di perdonare i propri nemici è la qualità superiore o qualità principe che apre ad un forma di amore incondizionato, incontrastato, sublime, che non pone nessuna condizione ma che ci libera dalle catene e dalle trame dell'ego. Solo quando abbiamo purificato, attraverso mille e mille prove, i nostri aggregati psichici o ego possiamo raggiungere un tale stato dell'Essere. Il Cristo nel suo cammino rituale o cammino della Croce ci insegna la via maestra per raggiungere questo stato interiore.


Raggiungere un elevato stato interiore, spesso, non vuol dire averlo integrato, si possono avere dei momenti particolari, che potremmo definire mistici, estatici, di connessione con il divino, di presenza spirituale, ma come direbbe il buon Gurdjieff, per mantenere un certo livello di presenza dobbiamo creare una stato di gravità permanente, ovvero integrare nella nostra presenza generale questo stato interiore, perennemente! D'altronde è facile amare chi ci ama o i nostri amici, parenti, conoscenti o chi fa del bene nei nostri confronti, ma il Cristo ci esorta a fare diversamente. Quale atto degno di un'Illuminato, di un'Unto avrebbe compiuto se avesse fatto solo questo? Egli infatti dice nei vangeli, "Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono..." e ancora "Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi", questi insegnamenti sono il viatico da seguire per lavorare costantemente sui nostri aggregati psichici, poiché non c'è nulla di più difficile di amare i propri nemici o coloro che ci hanno fatto del male, sia fisicamente, che mentalmente o emotivamente. Ovviamente i nostri nemici non sono solo quelli che percepiamo esteriormente, ma anche e soprattutto i nemici interni, interiori, gli aggregati psichici, gli aspetti e le parti egoiche in cui siamo spesso identificati. Superbia, Invidia, Ira, Accidia, Cupidigia, Gola, Lussuria non vengono descritti solo come i sette peccati capitali, ma sono anche gli aspetti preponderanti di quelli che nella tradizione troviamo col nome di legioni di Io o moltitudini di Io.


"Gli diceva infatti [Gesù]: Esci, spirito immondo, da quest'uomo!. E gli domandò: Come ti chiami?. Mi chiamo Legione gli rispose, perché siamo in molti."

(Marco 5,8-9)



Nella millenaria storia della chiesa cattolica possiamo costatare che pochi, almeno stando alle fonti storiche, hanno preso esempio da questi insegnamenti. Anche se la chiesa si ritiene l'unica depositaria degli insegnamenti del Cristo, nei fatti, a parte prediche e sermoni, le azioni compiute nei confronti dei cosi detti "Eretici", vedi Catari, Albigesi, Dolciniani, ecc o di semplici uomini e donne che si rifacevano ad un cristianesimo spirituale o delle origini, non è stata proprio delle migliori, per usare un eufemismo!

Anche tra gli ordini cavallereschi, sorti ai tempi della prima crociata, questi insegnamenti sono stati, per così dire "messi da parte", poiché la ragion di stato a prevalso sulla ragion spirituale. In particolar modo vorremmo accennare all'ultimo dei Templari, Jacques de Molay, che secondo la tradizione avrebbe lanciato una maledizione nei confronti di papa Clemente V e del re di Francia Filippo IV detto Il Bello. Molto si è scritto sull'operato dei templari, che sappiamo hanno dato tanto a quell'aspetto del Cristianesimo che più si avvicina alla tradizione esoterica, venendo a contatto con conoscenze, documenti, pratiche poco ortodosse e parecchio invise alla chiesa cattolica. Conoscenze che, insieme alle mire di potere di Filippo IV sui possedimenti Templari, portò appunto, alla sospensione dell'ordine.

Non è scopo di questo scritto disquisire sull'operato dei Cavalieri del Tempio, quanto piuttosto tornare alla cosi detta maledizione di Jacques de Molay.

De Molay, come abbiamo detto, è stato l'ultimo dei cavalieri Templari, cavalieri il cui compito non era solo proteggere i pellegrini sulla via per Gerusalemme, ma come si evince dalla loro regola erano anche monaci, o per meglio dire monaci guerrieri. La componente spirituale era quindi fondamentale nella vita Templare. Ovviamente, essendo cavalieri cristiani la loro guida, il loro esempio spirituale non poteva essere altro che Cristo.


Alla luce di quanto abbiamo scritto nel primo paragrafo, il Cristo ha dato più volte indicazioni sul comportamento da seguire nei confronti dei nemici, perché allora de Molay che era un cavaliere Cristiano il cui esempio di vita era il Cristo, nel momento più importante della sua vita, nel momento in cui, come possibile novello Cristo si immolla a martire della libertà Cristiana attraverso una morte cruenta, ma pur sempre lieve rispetto alla morte in croce, non perdona i propri nemici, ma anzi li maledice, venendo meno a quello che è il mistero della Croce? Perché de Molay agisce in questo modo? Perché pur essendo un Templare, ed avendo conoscenze esoteriche non indifferenti non si rende conto che, cosi facendo, lascia a livello eterico uno squarcio con cui il suo ordine rimarrà legato per i secoli avvenire?


Tutte queste domande, non sono di facile risposta. Ma vogliamo lo stesso dare una possibile spiegazione. I Templari cosi come gli altri ordini cavallereschi, hanno raggiunto dei livelli di conoscenza decisamente importanti, sono entrati in contatto con conoscenze misteriche sconosciute hai più, soprattutto in ambito cattolico, questo ha fatto si che il loro bagaglio spirituale si ampliasse notevolmente. Tutto ciò, stando alla storia che viene raccontata, non ha però portato i Templari ad incarnare il nucleo del mistero della croce, ovvero quelle sette parole che sono, come dicevamo all'inizio, il testamento spirituale di Cristo. I motivi possono essere molteplici e sicuramente non siamo qui per fare un processo postumo all'ultimo gran Maestro o all'ordine Templare, quello che vogliamo evidenziare è la difficolta oltre che la discrepanza, tra ciò che ha insegnato il Cristo e ciò che anche i più vicini al suo insegnamento hanno manifestato nei secoli successivi.



"Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri." (Giovanni 15,12-17)







“Se la vita ti dovesse riservare nuove amarezze, dovrai riceverle calmo e rassegnato. Se comprenderai la filosofia iniziatica, l'avversità passeggera di questo mondo non potrà abbatterti. L'ingratitudine e la cattiveria degli uomini non devono sorprenderti. Dimentica le ingiurie ed abbi pietà di chiunque le proferisca. Il saggio, rifugiato nei suoi pensieri, non sente più le sofferenze, poiché ha trovato la serenità.” (Antico Rituale Gnostico)






NOTA: Questo breve articolo non vuole essere considerato come esaustivo, l’interpretazione dei simboli e del significato esoterico è del tutto personale.





DI: Placido Schillaci



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